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Scene dalla Soffitta presenta la terza edizione del laboratorio di scrittura critica incentrato sugli spettacoli della stagione 2010 del Centro di promozione teatrale La Soffitta e anche su altri appuntamenti.
Questo blog, realizzato da studenti della Laurea Magistrale in Discipline dello Spettacolo dal vivo dell'Università di Bologna con l'aiuto e la supervisione di Massimo Marino,
contiene recensioni, approfondimenti, cronache teatrali e tanto altro...

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domenica 23 maggio 2010

Il critico teatrale fra vocazione e mestiere


Questo fantasma. Il critico a teatro.
Andrea Porcheddu, Roberta Ferraresi
Edizioni Titivillus

Andrea Porcheddu, critico teatrale e giornalista, nel suo ultimo libro:“Questo fantasma. Il critico a teatro” indaga gli spazi a cui il critico teatrale ha il dovere di porre attenzione, per ampliare una lettura del fatto teatrale, guardare al di sotto e al di sopra di questo.
Ciò che precisa fin dall’inizio Porcheddu è l’importanza da parte del critico di formulare un giudizio, pena la mancanza di critica stessa.
Il libro è articolato in cinque capitoli, ogni capitolo affronta una determinata area tematica: la critica, il soggetto, il segno, la società, la contemporaneità teatrale.
Ogni capitolo offre una duplice visione: storica e critica, quest’ultima supportata da citazioni di altri critici e teorici.
Lo studioso interrogandosi sul valore della critica teatrale, sulla sua efficienza, attraverso le parole di Micheal Walter e Emilio Garrone, afferma che l’attività critica corrisponde a una certa maniera di stare al mondo, di esperire la vita, di assistere a mutamenti politici e sociali; attraverso tali consapevolezze il critico può “collocarsi nel o in fronte al teatro”
Compito del critico, afferma Porcheddu, è quello di portare alla luce, svelare determinate realtà che da lui sono esperite, analizzare lo stato di alterità che è posseduto da ogni oggetto concreto.
Attraverso un accostamento con le istanze freudiane del gioco di opposizione fatto dai bambini Fort-Da, vicino/lontano (gioco attraverso il quale i bambini fanno sparire degli oggetti con cui giocano, per poi andarli a recuperare, farli riapparire), lo studioso propone una visione del critico che come il bambino gioca con le immagini che gli si presentano, chiamandole in vita oppure gettandole nuovamente nell’ombra
Un’altra visione dell’essere critico è quella offerta da Taviani, definita come “osservazione partecipante”, idea che supera il concetto di lontananza prima esposto; secondo Taviani e Porcheddu, il quale sembra abbracciare più questa istanza, il critico si colloca dentro l’opera d’arte, la incontra nel suo territorio e nella sua vita.
Alla stessa maniera Flaiano parla dell’incontro del critico con lo spettacolo come un innamoramento: “mi sorprende di non saper giudicare uno spettacolo se non come una persona viva.,che con tutti i suoi pregi può essere detestabile, oppure amabile per i suoi difetti”.
L’attività del critico teatrale, spiega Porcheddu, fa anche i conti con la vita personale del critico stesso; ricostruendo ciò che ha visto, rielaborandolo, attraversa anche la sua esperienza di spettatore e di essere umano, con le sue emozioni e pensieri, guarda lo spettacolo e riguarda anche se stesso.
In cosa consiste quindi la critica teatrale secondo Porcheddu? E’giudizio che va oltre la memoria, oltre lo scavo di sé e dell’altro Lo studioso passa in rassegna diversi critici fra i quali D’Amico e Marino, attraverso le parole di D’Amico evidenzia come prerogativa del critico non sia solo quella di conoscere il testo a cui lo spettacolo fa riferimento ma anche quella di conoscere il lavoro di attori e registi, seguirne le prove, attraversarne i processi; con le parole di Marino, Porcheddu pone l’attenzione sulla necessità da parte del critico di misurarsi con limitazioni interne ed esterne: proprie inclinazioni personali, i propri gusti e disgusti, liberarsi da tutte le costrizioni che racchiudono la recensione per ritrovarla rinnovata.
Non bisogna comunque dimenticare che il critico essendo un giornalista ha il dovere in quanto tale di raccontare un fatto, ovvero il fatto teatrale, rispondendo alle classiche 5W del giornalismo; deve rispettare, in quanto giornaliste ristrettezze di spazi del giornale e lottare inoltre con l’immediatezza.
Porcheddu lamenta la marginalità a cui è relegata la critica contemporanea e una progressiva scomparsa del pensiero complesso causata da una politica culturale che premia ciò che Michele Serra chiama “pensiero semplificato”; la critica non trova più i propri spazi nei giornali, è ridotta, a causa delle ristrettezze redazionali, a diventare pensierino bonsai, articolo in appendice..
Porcheddu esamina la centralità del soggetto nella contemporaneità, dal teatro di narrazione, al teatro dei non-attori e a moltissime svariate forme del teatro contemporaneo che non possono fare ameno di esibire il sé come protagonista, andando verso il collasso del personaggi.
Porcheddu si interroga su come il critico deve porsi nei confronti di tali spettacoli, spaccati di vita; attraverso la recensione su “Questo buio feroce” di Delbono di Maria Grazia Gregori, scorge come elemento primario la componente emozionale.
Ciò che il critico sostiene lungo il corso del manuale è una continua volontà da parte dell’attore contemporaneo di affermare un proprio sé, un proprio corpo-io, che non rimanda ad altro che a se stesso.
Porcheddu cita RenatonPalazzi, in merito a un’analisi fatta dal critico alle nuove realtà teatrale, fra le quali annovera i Motus, Teatrino Clandestino, Accademia degli Artefatti; “sono fenomeni teatrali che colpiscono per la loro molteplicità di stili e di linguaggi, sempre in continua rinnovazione. Comunque la si pensi è in atto un evidente spostamento di equilibri”, un rinnovamento della comunità teatrale che vede crescere il pubblico di queste giovani tendenze e dall’altra parte assiste a una costante diminuzione del pubblico del teatro di regia.
Alla luce di questo plurilinguismo contemporaneo il critico ha dunque il diritto-dovere di saper cogliere le diversità e raccontarle, permettersi di imboccare delle strade dalle quali ne proverranno altre, accompagnare le “vite che sbocciano ovunque”
Ilaria Palermo

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