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Scene dalla Soffitta presenta la terza edizione del laboratorio di scrittura critica incentrato sugli spettacoli della stagione 2010 del Centro di promozione teatrale La Soffitta e anche su altri appuntamenti.
Questo blog, realizzato da studenti della Laurea Magistrale in Discipline dello Spettacolo dal vivo dell'Università di Bologna con l'aiuto e la supervisione di Massimo Marino,
contiene recensioni, approfondimenti, cronache teatrali e tanto altro...

Vuole essere una finestra sul mondo del teatro: perciò chiede a voi lettori di partecipare con commenti,
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DIRETTORE Massimo Marino

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Maria Pina Sestili

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SCRIVONO: Elena Cirioni, Marta Franzoso, Lilian Keniger, Elina Nanna, Ilaria Palermo, Maria Pina Sestili, Giulia Taddeo, Laura Tarroni, Futura Tittafferante, Maria Claudia Trovato.

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mercoledì 24 marzo 2010

Tempesta: Giorgione tra pittura e teatro



INTERSCENARIO: LE GENERAZIONI DEL NUOVO
Tempesta Compagnia Anagoor con Anna Bragagnolo e Pierantonio Bragagnolo Regia di Simone Derai

Uno spettacolo, un dipinto, una visione: “Tempesta” degli Anagoor, andato in scena il 17 marzo alla Soffitta. La sala è immersa in un clima di attesa, che, durante lo spettacolo, si riempirà di silenzi, respiri e sussulti. La scena, divisa in due parti, si compone di due schermi, da un lato, e da una scatola trasparente, dall'altro. Un vero e proprio esempio di montaggio delle attrazioni: immagini, suoni e corpi si amalgamano per restituire l'arte di Giorgione, il pittore di Castelfranco Veneto, paese di appartenenza del gruppo in questione che, con questa produzione, ha meritato una segnalazione al Premio Scenario 2009. Sugli schermi vengono proiettate le immagini di parti del corpo degli attori, Anna e Pierantonio Bragagnolo, due fratelli, che, anche sulla scena si compensano, data la loro somiglianza-diversità. Inizialmente è il corpo del ragazzo a venir proiettato e percepito dall'occhio dello spettatore per frammenti, che, montati insieme, restituiscono un’immagine nuova dell'attore, che, gradualmente, si materializza nella scatola all'altro lato della scena. È proprio lui in carne e ossa, che si sveste e riveste, mostrandoci il corpo nella sua sostanza materica e plastica, che ci porta a vedere l'uomo come dipinto-scultura. Il corpo si muove, vive e reagisce ai suoni di un motore, un'elica che produce il rumore del vento, della tempesta. Non è danza né rappresentazione, ma, semplicemente, pura realtà corporea. Lo stesso processo viene riproposto per l'attrice, che ci appare nuda sugli schermi e anche nella realtà della scatola, nella quale si muove, sperimentando lo spazio. Assistiamo a una vera e propria trasformazione del corpo umano che, pian piano, grazie al movimento, diventa sostanza plastica, arte pittorica. Una sequenza di flash visivi ci propone l'immagine di una Giuditta giorgionesca, di un’Olympia, che conquista, passo dopo passo, la sua posizione definitiva distesa sul divano in modo lascivo. Appare un uomo, come un guerriero cinquecentesco in una visione, un tuffo in un passato di cui abbiamo rimembranze iconografiche. Lo spettacolo sembra mostrare il processo con il quale Giorgione è arrivato a costruire i suoi soggetti pittorici, cosa c'è dietro il colore, la materia. Il corpo diventa un dipinto vivente che interagisce con lo spazio della scena. Frammenti visivi si ricompongono nella mente dello spettatore per restituire un quadro d'insieme, un tableau vivant, l'intera opera di un grande artista. La sala piomba in un silenzio che si ripete nei momenti in cui il quadro svanisce per poi riprendere a ricomporsi. Non c'è una fine perché il processo di composizione è continuo, perché è come se fossimo a una mostra vivente in cui non è necessario applaudire.
Marta Franzoso

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