CHI SIAMO

Scene dalla Soffitta presenta la terza edizione del laboratorio di scrittura critica incentrato sugli spettacoli della stagione 2010 del Centro di promozione teatrale La Soffitta e anche su altri appuntamenti.
Questo blog, realizzato da studenti della Laurea Magistrale in Discipline dello Spettacolo dal vivo dell'Università di Bologna con l'aiuto e la supervisione di Massimo Marino,
contiene recensioni, approfondimenti, cronache teatrali e tanto altro...

Vuole essere una finestra sul mondo del teatro: perciò chiede a voi lettori di partecipare con commenti,
recensioni, reazioni.

Buona lettura!

DIRETTORE Massimo Marino

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Maria Pina Sestili

WEB Elena Cirioni

SCRIVONO: Elena Cirioni, Marta Franzoso, Lilian Keniger, Elina Nanna, Ilaria Palermo, Maria Pina Sestili, Giulia Taddeo, Laura Tarroni, Futura Tittafferante, Maria Claudia Trovato.

ATTENZIONE! Questo blog è realizzato dal laboratorio in completa autonomia dal Dms dell'Università di Bologna.

mercoledì 21 aprile 2010

L'altro da noi che viene aldilà del mare






Incontro con Loredana Putignani




“Loredana Putignani, diplomata all'Accademia di Belle Arti e al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ha iniziato l'esperienza di ricerca teatrale con il Living Theatre. Ha collaborato con il Teatro dei Mutamenti di Antonio Neiwiller dagli inizi degli anni Ottanta, proseguendo poi con Teatri Uniti, sino al 2000. Ha lavorato con Leo de Berardinis, creato spettacoli e diverse installazioni. Ha diretto i "gemelli" di Tadeusz Kantor ideando uno spettacolo su Samuel Beckett, Terremare. Nel ’95 realizza uno spettacolo con un gruppo di Rom, Rom-Stalker, partecipando a vari festival come il Mittelfest e il Multicultural Theatre in Europe al Cosmic Theatre di Amsterdam. Occupandosi di "migrazioni", ha realizzato diversi laboratori, video e spettacoli su Africa e Islam, come La Porta dell'Ascolto, presentato nella rassegna “Petrolio” del Teatro Mercadante di Napoli. Nella collaborazione attiva con Mario Martone, oltre a film e spettacoli, dai Persiani agli Edipi al Don Giovanni, ha curato video-installazioni, convegni, pubblicazioni e trasmissioni intorno all'opera di Antonio Neiwiller”.
Inizia così l’incontro con Loredana Putignani, tenutosi il 15 aprile scorso presso l’Auditorium dei Laboratori Dms all’interno del programma della Soffitta.
A coordinare è Laura Mariani che apre il discorso parlando proprio della biografia dell’attrice, sottolineando come le esperienze personali abbiano avuto molta importanza nello sviluppo della ricerca portata avanti in tutti questi anni.
Fondamentale è stato per lei il rapporto che l’ha tenuta legata, così nella vita come nell’arte, al grande artefice e maestro Antonio Neiwiller. Un legame che, come ha tenuto a precisare Laura Mariani, non è stato “un rapporto tra l’artista e la sua musa, ma qualcosa che ha a che fare con la natura relazionale del fare teatro”.
Leggendo alcuni stralci di uno scritto inedito di Claudio Meldolesi, la Mariani sottolinea l’importanza del lavoro di questa donna di teatro, assolutamente non secondario rispetto a quello Neiwiller. Meldolesi a suo tempo ha utilizzato le stesse parole sia per Loredana che per lui, definendoli entrambi “donatori di scintille”. E continuando a citare Meldolesi: “Loredana Putignani, cresciuta nell’arte a Napoli come altrove, è artefice di una rara capacità di incantamento per il mondo, (…) che si rifà soprattutto a quello popolare, più predisposto a drammatizzarsi. Se non fosse stato così, non avrebbe potuto cantare ai suoi poveri”.
Loredana Putignani interviene parlando del suo bisogno d’arte che la spinge sin da piccola a creare manufatti, marionette e teatrini col fine di cercare nel teatro quel qualcosa che ci può permettere di comunicare. Ammette che sia difficile per lei definire il suo ruolo e quando Neiwiller è venuto a mancare lei ha reagito in maniera molto forte, “non facendo morire nella commemorazione la persona con cui si è condivisa la vita e l’arte, ma portando tutto al presente facendo qualcosa di Antonio che appartiene anche a lei”.
Il suo obiettivo, come quello di Neiwiller, è sempre stato far entrare in scena la vita, aprire il teatro a essa ricercando il silenzio.
Loredana racconta che Neiwiller costruiva la scena creando spazi con più dimensioni, aldilà delle parole, perché le parole a volte mentono, inserendo solo alla fine attori-non attori.
E’ così che nasce la formazione di Putignani, che ha avuto grandi maestri, partendo da ciò che il teatro non è e da ciò che è fuori dal teatro, concentrandosi sulla sua forza visuale e fisica, fatta di corpi e azioni. Un amore per lo spazio teatrale che però viene costantemente tradito e che trova piena aderenza alla vita che può permettere di “vivere l’altra parte di sé - l’altro sesso oltre noi”, come insegnava Leo.
Non più ruoli, ma stati di coscienza, capaci di mettere in connessione il performer con il pubblico attraverso la forza evocativa delle azioni.
Laura Mariani definisce il suo teatro “spazio antropologico e spazio come ventre”, da cui far germogliare il seme che è dentro di noi, portandolo alla luce e condividendolo, dandogli vita e forma, partendo dalla realtà stessa.
La Putignani risponde che è il suo estremo bisogno di verità a portarla alla ricerca di qualcos’altro, di qualcosa di primario. Così decide di dedicarsi a ciò che è considerato erroneamente “diverso”, ma che è semplicemente altro da noi. Per tutte queste ragioni si dedica a una “realtà sotterranea” vivendo e lavorando in un campo Rom, dedicandosi a un progetto durato tre anni con donne nigeriane, sempre “alla ricerca delle radici e a una solidarietà non paternalistica”, come precisa Laura Mariani alla quale la Putignani risponde sottolineando come i mass media e la televisione in particolar modo, ci abbiano abituato all’orrore della modernità e del capitalismo, all’“altro come corpo-mente che soffre”.
L’incontro è stato arricchito di domande rivolte dalla curatrice dell’evento e dalle risposte illuminanti dell’artista. Subito dopo le purtroppo poche persone presenti hanno potuto visionare il documentario che raccoglie l’esperienza di “Madri Migranti”, il lavoro svolto con donne nigeriane, dove si ripercorrono le tappe di un viaggio teatrale e umano, che mette in evidenza l’interazione con le pulsioni sociali da cui ognuno di noi dovrebbe attingere risorse per imparare a vivere e convivere con ciò che la cultura occidentale definisce “diverso”. Al termine, Loredana Putignani esprime la sua gratitudine nei confronti di tutti coloro che attraverso queste esperienze le hanno insegnato tanto, dicendo che non ama parlare di loro come di extracomunitari, ma di “altro da noi che viene aldilà del mare”.
Elina Nanna

Nessun commento:

Posta un commento