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Scene dalla Soffitta presenta la terza edizione del laboratorio di scrittura critica incentrato sugli spettacoli della stagione 2010 del Centro di promozione teatrale La Soffitta e anche su altri appuntamenti.
Questo blog, realizzato da studenti della Laurea Magistrale in Discipline dello Spettacolo dal vivo dell'Università di Bologna con l'aiuto e la supervisione di Massimo Marino,
contiene recensioni, approfondimenti, cronache teatrali e tanto altro...

Vuole essere una finestra sul mondo del teatro: perciò chiede a voi lettori di partecipare con commenti,
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DIRETTORE Massimo Marino

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Maria Pina Sestili

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SCRIVONO: Elena Cirioni, Marta Franzoso, Lilian Keniger, Elina Nanna, Ilaria Palermo, Maria Pina Sestili, Giulia Taddeo, Laura Tarroni, Futura Tittafferante, Maria Claudia Trovato.

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martedì 2 marzo 2010

... la conosci quella del fantasma formaggino?




LOGOMACHIA: PROGETTO KINKALERI

Alcuni giorni sono migliori di altri
Fantasmi da Romeo e Giulietta
Progetto, realizzazione Kinkaleri con Giulio Nesi, Filippo Serra
Arena del Sole, Bologna.

Lo ammetto. Per scrivere questa recensione ho avuto bisogno di visitare il sito internet dei Kinkaleri e leggere le dichiarazioni dei protagonisti di Alcuni giorni sono migliori di altri. Forse per trovare le parole con cui esprimere il significato dello spettacolo. Primo errore: cercare un senso in una performance che rifiuta qualsiasi logica di significazione, che consiste in un accostamento paratattico di sequenze del tutto autonome fra loro: unico elemento unificante è il lenzuolo che trasforma i due protagonisti in pesanti e maldestri fantasmi dall’accento toscano. I due si sfidano in una corsa estenuante da un capo all’altro del palco, si spogliano e si rivestono in continuazione, si dimenano sulle note di una musica hardcore, creano una sequenza di ombre cinesi con una figura di donna di compensato e, sul finale, uno racconta all’altro la barzelletta del fantasma formaggino. Ognuna di queste sequenze (solo ora mi accorgo di averle collegate per asintoto: che le mie parole si modellino sulla paratassi dello spettacolo?) è finita in sé, l’azione deve essere vissuta per quello che è, senza preoccuparsi di ciò che possa significare una volta inserita nella cornice teatrale. I protagonisti di questa azione, ovviamente, non sono personaggi dotati di una propria psicologia, l’identità individuale è cancellata e il performer, sotto il telo bianco che lo nasconde del tutto, è ridotto a pura figura. “Creare una corrente di energia attraverso l’accumulazione inutile di azioni, sequenze, momenti finiti in sé, senza rapporto gli uni con gli altri”: queste le intenzioni poetiche dello spettacolo le quali, però, oltre a tradursi in una performance dal ritmo decisamente lento, pongono i presupposti per un rapporto a dir poco problematico con la vicenda di Romeo e Giulietta. Dove sono i due amanti di Verona in questa operazione di riduzione all’elementare e all’essenziale? C’è forse un riferimento alla loro morte tragica nella storiella delle ombre cinesi? Anche se questi riferimenti ci fossero, non cambierebbero la sostanza dei fatti. A mancare non è tanto la citazione letteraria del testo shakespeariano, quanto qualcosa dello spirito di quella tragedia. Nelle già menzionate pagine web, si legge che quella di Romeo e Giulietta è la vicenda dell’amore puro, che non pensa. Non è forse questa una lettura un po’ datata, dato che concepisce la passione come un assoluto? Questi e molti altri interrogativi mi lasciano questi fantasmi: certo, ogni spettacolo ci spinge a porci delle domande e a riflettere, ma tali questioni riescono a rendere il fatto scenico più prezioso e denso di rimandi. E’ ben diverso quando, come in questo caso, la riflessione dello spettatore arriva quasi a impoverire la performance, che può forse essere definita solo per difetto, come rifiuto della dimensione degli psicologismi e del “senso”.
Giulia Taddeo

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