INTERSCENARIO: LE GENERAZIONI DEL NUOVO
É BELLO VIVERE LIBERI!
Con Marta Cuscunà
Costruzione degli oggetti di scena: Belinda De Vito
Luci e Audio: Marco Rogante
Vincitore premio Scenario per Ustica 2009
Teatro Itc San Lazzaro di Savena (Bologna)
Ingenuità e coraggio: queste le due note di Marta Cuscunà. E chi meglio di questa ragazza poco più che ventenne avrebbe potuto renderci la storia di Ondina Peteani, staffetta partigiana della resistenza?
“E’ bello vivere liberi” è approdato all’ITC Teatro di San Lazzaro venerdì 5 e sabato 6 febbraio, in occasione della rassegna Interscenario.
Marta col suo spettacolo, vincitore del Premio Scenario Ustica 2009, sembra portare in scena se stessa, la sua storia e questo, ahimè, si rivela a volte una temibile arma a doppio taglio
La nostra MartOndina si offre al pubblico con una totale generosità che non le permette in certe circostanze di fare alcuno scarto fra ciò che si può e ciò che non si può; una commozione fin troppo tangibile, una voce tremula o delle lacrimucce che scendono dai volti di donne pupazzo attenuano la tensione della scena, che senza un dire o un fare avrebbe trovato già un denso compimento.
Un fantasma sulla scena è spettatore primo di Marta, lui è Mussolini, i suoi occhi sembrano spiare entusiasmi eterni che muoiono e si rinnovano nelle mente di nuove generazioni. Ma questo Mussolini lo sa bene.
Marta con le sue parole leggere ci fa dono di semplicità e gaiezza, prende forza dalla sua compagna Ondina, non si allontana da lei. Ondina è sempre lì, così come la madre, il padre, la fantastica maestra di vita Alma Vivona che più volte appare sulla scena con i suoi precetti e la scuola di comunismo.
Marta è tutti loro, ne incarna la forza per la reazione, la volontà alla lotta; fantasmi anche loro di una storia che è esistita.
La scena si fa contenitore di memorie; viaggiatori nella mente di Ondina ritroviamo segni indelebili di immagini non dimenticate, frammenti di luoghi che si imprimono silenti.
A volta la nostra attrice inciampa in piccole trappole che sembra abbia costruito da sé, piccoli atti per ingraziarsi il pubblico trovano risposta in una risata immediata ma non volano alto.
La musica Marta avrebbe dovuto tenerla più sottocontrollo, le melodie che sfilano rischiano di rivelarsi divertenti compagne traditrici che fra le note di cajkovskij portano le menti verso immaginari altri e non sì è più lì.
Marta accende tutto di entusiasmo. Con le sue pedalate immaginarie, ci riporta fra le strade di montagna del Carso; con divertenti burattini, che la stessa attrice anima con vivacità e grande attitudine vocale, svela tradimenti e tutto il marcio del regime fascista.
I doppi di Ondina si moltiplicano; non più solo Marta, ma anche un suo doppio in un pupazzo, immagine che racconta l’esperienza della deportazione. Sebbene l’intuizione di voler, tramite questo strumento, evitare emotività fin troppo accese, l’attrice sembra arrivarci fino ad un certo punto, la scena viene tradita al suo interno dalla stessa manovratrice, Marta ama dare più del dovuto, e così il suo doppio parla e piange , ma la sua forza è nell’immagine: una donna-larva con ossa rumorose.
Marta ai miei occhi è portatrice di un grande senso di umanità che si scorge dentro e fuori la scena.
Marta ringrazia il suo pubblico come una bambina che tenta imbarazzata di volersi tenere il lembo di un grembiule: pugni chiusi e braccia serratissime al corpo.
Ilaria Palermo
É BELLO VIVERE LIBERI!
Con Marta Cuscunà
Costruzione degli oggetti di scena: Belinda De Vito
Luci e Audio: Marco Rogante
Vincitore premio Scenario per Ustica 2009
Teatro Itc San Lazzaro di Savena (Bologna)
Ingenuità e coraggio: queste le due note di Marta Cuscunà. E chi meglio di questa ragazza poco più che ventenne avrebbe potuto renderci la storia di Ondina Peteani, staffetta partigiana della resistenza?
“E’ bello vivere liberi” è approdato all’ITC Teatro di San Lazzaro venerdì 5 e sabato 6 febbraio, in occasione della rassegna Interscenario.
Marta col suo spettacolo, vincitore del Premio Scenario Ustica 2009, sembra portare in scena se stessa, la sua storia e questo, ahimè, si rivela a volte una temibile arma a doppio taglio
La nostra MartOndina si offre al pubblico con una totale generosità che non le permette in certe circostanze di fare alcuno scarto fra ciò che si può e ciò che non si può; una commozione fin troppo tangibile, una voce tremula o delle lacrimucce che scendono dai volti di donne pupazzo attenuano la tensione della scena, che senza un dire o un fare avrebbe trovato già un denso compimento.
Un fantasma sulla scena è spettatore primo di Marta, lui è Mussolini, i suoi occhi sembrano spiare entusiasmi eterni che muoiono e si rinnovano nelle mente di nuove generazioni. Ma questo Mussolini lo sa bene.
Marta con le sue parole leggere ci fa dono di semplicità e gaiezza, prende forza dalla sua compagna Ondina, non si allontana da lei. Ondina è sempre lì, così come la madre, il padre, la fantastica maestra di vita Alma Vivona che più volte appare sulla scena con i suoi precetti e la scuola di comunismo.
Marta è tutti loro, ne incarna la forza per la reazione, la volontà alla lotta; fantasmi anche loro di una storia che è esistita.
La scena si fa contenitore di memorie; viaggiatori nella mente di Ondina ritroviamo segni indelebili di immagini non dimenticate, frammenti di luoghi che si imprimono silenti.
A volta la nostra attrice inciampa in piccole trappole che sembra abbia costruito da sé, piccoli atti per ingraziarsi il pubblico trovano risposta in una risata immediata ma non volano alto.
La musica Marta avrebbe dovuto tenerla più sottocontrollo, le melodie che sfilano rischiano di rivelarsi divertenti compagne traditrici che fra le note di cajkovskij portano le menti verso immaginari altri e non sì è più lì.
Marta accende tutto di entusiasmo. Con le sue pedalate immaginarie, ci riporta fra le strade di montagna del Carso; con divertenti burattini, che la stessa attrice anima con vivacità e grande attitudine vocale, svela tradimenti e tutto il marcio del regime fascista.
I doppi di Ondina si moltiplicano; non più solo Marta, ma anche un suo doppio in un pupazzo, immagine che racconta l’esperienza della deportazione. Sebbene l’intuizione di voler, tramite questo strumento, evitare emotività fin troppo accese, l’attrice sembra arrivarci fino ad un certo punto, la scena viene tradita al suo interno dalla stessa manovratrice, Marta ama dare più del dovuto, e così il suo doppio parla e piange , ma la sua forza è nell’immagine: una donna-larva con ossa rumorose.
Marta ai miei occhi è portatrice di un grande senso di umanità che si scorge dentro e fuori la scena.
Marta ringrazia il suo pubblico come una bambina che tenta imbarazzata di volersi tenere il lembo di un grembiule: pugni chiusi e braccia serratissime al corpo.
Ilaria Palermo
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