COME BESTIE CHE CERCANO BESTIE
Imamama
studio (20’) di e con Marco Rapisarda, Massimo Genco
Menzione premio scenario per Ustica 2009
Una storia sporca di sangue e fango si prefigura quella degli Imamama. Un immaginario, che recupera la parola pasoliniana, si manifesta sulla scena in momenti di grande verità e poesia, alternati per esatta contrapposizione a momenti di più ricercato artificio. I due artisti rischiano di cadere in atteggiamenti attoriali dal troppo pathos (non sentito), creano momenti di coralità vicini a partiture coreografiche che tolgono respiro alla conquista della loro verità.
Due belle figure quelle degli attori, diversi per fisicità e carattere, così come i due Romano della “Storia Burina” di Pasolini: Romano il Paino, piccolo e beffardo, tutto l’opposto di Romano il Rumeno, grande e silente, che prende il posto di quello che per Pasolini era il Burino.
Storia di discriminazione, adesso non più locale ma internazionale verso la gente dell’est, storia di iniziazione per chi come il Rumeno “si ricostruisce pezzo per pezzo” e si trasforma sul modello dell’altro. Una storia che vive al margine della condizione umana, in una superficie di scolo in cui risiedono tutti gli scarti, in una zona d’ombra: la Roma cattiva, all’interno della quale vengono assorbite le vite dei due ragazzi, fra macellazioni clandestine, abusi, violenze e incontri di boxe.
All’interno di una scena povera per qualità e quantità degli elementi (due panche di legno grezzo e una bacinella con dell’acqua), lo spettacolo si articola in successione di capitoli, che scandiscono le diverse fasi della vita dei due giovani: l’arrivo del Rumeno al Testaccio, il suo prendere parte a una nuova microsocietà, il rapporto di odio e amicizia con il Paino, i soprusi subiti dal Rumeno, fino a giungere alla “notte brava” del Paino: due panche diventano all’occorrenza la base sopra la quale l’attore si denuda per la notte di sesso in uno squallido “immondezzaro”, base sopra la quale si lascia cadere morto come un piccolo cristo crocifisso.
Uno dei capitoli è: “Nadia e tutto quello che Nadia rappresenta”, ragazza usata dal Paino e desiderata dal Rumeno che diventa il pretesto attorno al quale i due creano giochi di forza e corse acrobatiche. La boxe rappresenta l’unico espediente per decretare il più forte: il Rumeno supera il Paino il quale stremato si abbandona sul corpo dell’amico-nemico; il Rumeno in una scena di grande pietà, all’interno del “casone” di sangue e fango, lava con la spugna il corpo del ragazzo in fin di vita; il Rumeno, con le sue cure, è madre e donna, figure lontane dal mondo del Paino.
“Come bestie che cercano bestie” è l’immagine della vita senza passioni, è l’esempio di un vita cieca che non vede soltanto per non esserci; è l’immagine di una, di tante solitudini e di una desolante inadempienza nei confronti della vita.
“Romano il Burino e Romano il Paino, erano incoscienti come uccelli che la mattina si svegliano, storditamente e felicemente lontani dalla preoccupazione dei cacciatori o di altri pericoli, e cominciano di buona lena a volare e a cantare” (Pier Paolo pasolini, “Storia burina”).
Ilaria Palermo
Imamama
studio (20’) di e con Marco Rapisarda, Massimo Genco
Menzione premio scenario per Ustica 2009
Una storia sporca di sangue e fango si prefigura quella degli Imamama. Un immaginario, che recupera la parola pasoliniana, si manifesta sulla scena in momenti di grande verità e poesia, alternati per esatta contrapposizione a momenti di più ricercato artificio. I due artisti rischiano di cadere in atteggiamenti attoriali dal troppo pathos (non sentito), creano momenti di coralità vicini a partiture coreografiche che tolgono respiro alla conquista della loro verità.
Due belle figure quelle degli attori, diversi per fisicità e carattere, così come i due Romano della “Storia Burina” di Pasolini: Romano il Paino, piccolo e beffardo, tutto l’opposto di Romano il Rumeno, grande e silente, che prende il posto di quello che per Pasolini era il Burino.
Storia di discriminazione, adesso non più locale ma internazionale verso la gente dell’est, storia di iniziazione per chi come il Rumeno “si ricostruisce pezzo per pezzo” e si trasforma sul modello dell’altro. Una storia che vive al margine della condizione umana, in una superficie di scolo in cui risiedono tutti gli scarti, in una zona d’ombra: la Roma cattiva, all’interno della quale vengono assorbite le vite dei due ragazzi, fra macellazioni clandestine, abusi, violenze e incontri di boxe.
All’interno di una scena povera per qualità e quantità degli elementi (due panche di legno grezzo e una bacinella con dell’acqua), lo spettacolo si articola in successione di capitoli, che scandiscono le diverse fasi della vita dei due giovani: l’arrivo del Rumeno al Testaccio, il suo prendere parte a una nuova microsocietà, il rapporto di odio e amicizia con il Paino, i soprusi subiti dal Rumeno, fino a giungere alla “notte brava” del Paino: due panche diventano all’occorrenza la base sopra la quale l’attore si denuda per la notte di sesso in uno squallido “immondezzaro”, base sopra la quale si lascia cadere morto come un piccolo cristo crocifisso.
Uno dei capitoli è: “Nadia e tutto quello che Nadia rappresenta”, ragazza usata dal Paino e desiderata dal Rumeno che diventa il pretesto attorno al quale i due creano giochi di forza e corse acrobatiche. La boxe rappresenta l’unico espediente per decretare il più forte: il Rumeno supera il Paino il quale stremato si abbandona sul corpo dell’amico-nemico; il Rumeno in una scena di grande pietà, all’interno del “casone” di sangue e fango, lava con la spugna il corpo del ragazzo in fin di vita; il Rumeno, con le sue cure, è madre e donna, figure lontane dal mondo del Paino.
“Come bestie che cercano bestie” è l’immagine della vita senza passioni, è l’esempio di un vita cieca che non vede soltanto per non esserci; è l’immagine di una, di tante solitudini e di una desolante inadempienza nei confronti della vita.
“Romano il Burino e Romano il Paino, erano incoscienti come uccelli che la mattina si svegliano, storditamente e felicemente lontani dalla preoccupazione dei cacciatori o di altri pericoli, e cominciano di buona lena a volare e a cantare” (Pier Paolo pasolini, “Storia burina”).
Ilaria Palermo
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