INTERSCENARIO: LE GENERAZIONI DEL NUOVO
COSMOPOLIS
PSICOPATOLOGIE DELLA VITA METROPOLITANA
Baloon Performing Club
studio (20’) con Yuri Ferrero, Giorgia Goldini, Damiano Madia, Fabio Padovan, Rebecca Rossett.
Menzione premio Scenario 2009
Viviamo in stato d’emergenza, non c’è dubbio. Uomini, donne, artisti in questo caso, avvertono che le loro menti vivono uno stato di torpore e afasia. Adesso tutto quel che luccica (anche se dubito abbia mai luccicato davvero) si rivela per quel che è: “Italia paese di merda” gridano i Baloon Performing Club.La compagnia, nata a Torino nel 2006, si costituisce come un ensemble di svariata provenienza artistica. Il gruppo, sotto la direzione di Damiano Madia, crea con “Cosmopolis” una partitura di voce, musica e danza.Gli artisti, tre performer e un dj, entrano in scena a passo disinvolto; con pantaloni ignifughi presi in prestito dal corpo dei vigili del fuoco e felpe che nascondono i loro volti.I Baloon ci permettono di entrare all’interno delle loro tragedie quotidiane, non sono loro che raccontano ma siamo noi a intrufolarci nelle loro vite a scorgerne frammenti; conosciamo la storia del sig. Ferrero, spacciatore e consumatore di droghe, che non riesce più a capire quanto la droga sia causa o effetto dei suoi mali; altra storia è quella di un operaio, che minacciato dall’instabilità economica, si sente responsabile di non poter garantire nessuna certezza alla propria famiglia.Il marcio risale dal fondo e come un tarlo logora le fondamenta della vita italiana. Le canzoni di Giorgia, presentate da una performer con tutte le dovute movenze ammiccanti, degne di “Amici”o “X Factor”, sono l’esempio del ridicolo in cui versa l’Italia; ridicolo che a tratti non sembra solo criticato ma assunto, quasi come delle momentanee crisi di identità da parte degli interpreti. Cosa ci resta oggi oltre le melodrammatiche e barocche canzoni che scorazzano fra festival e talkshow? La solitudine dell’uomo, i suoi automatismi, la rabbia, in fondo in fondo giù nell’anima imbellettati dalle essenze più fragranti . Baloon creano una scena semplice, l’ elemento centrale è uno schermo che accoglie il pubblico, ancor prima che gli attori entrino, con immagini ipnotiche di figure tridimensionali. Quello che il gruppo ci offre è una spersonalizzazione dell’uomo contemporaneo utilizzando diversi livelli linguistici. Gli attori passando attraverso le loro storie di malessere esistenziale confluiscono in stati di automatismo, riconducibili a ombre senza volti che sfilano e danzano a ritmo techno sul grande schermo. Si presentano come la parte visibile di una condizione psichica, riconducibile per analogia a quelle bestie macellate tutte identiche e tutte morte che ritornano ancora una volta sullo schermo: la parte più nera dell’esistenza umana che affiora. La nota stonata dei quattro attori è una loro eccessiva volontà di presentare se stessi in un atto di totale imposizione. Tutto quello che si vede è, non sembra sia possibile per lo spettatore andare, con il proprio sentire, oltre le dichiarazioni fisiche e vocali degli interpreti. Una mancanza di ossigeno per lo spettatore.
Ilaria Palermo
COSMOPOLIS
PSICOPATOLOGIE DELLA VITA METROPOLITANA
Baloon Performing Club
studio (20’) con Yuri Ferrero, Giorgia Goldini, Damiano Madia, Fabio Padovan, Rebecca Rossett.
Menzione premio Scenario 2009
Viviamo in stato d’emergenza, non c’è dubbio. Uomini, donne, artisti in questo caso, avvertono che le loro menti vivono uno stato di torpore e afasia. Adesso tutto quel che luccica (anche se dubito abbia mai luccicato davvero) si rivela per quel che è: “Italia paese di merda” gridano i Baloon Performing Club.La compagnia, nata a Torino nel 2006, si costituisce come un ensemble di svariata provenienza artistica. Il gruppo, sotto la direzione di Damiano Madia, crea con “Cosmopolis” una partitura di voce, musica e danza.Gli artisti, tre performer e un dj, entrano in scena a passo disinvolto; con pantaloni ignifughi presi in prestito dal corpo dei vigili del fuoco e felpe che nascondono i loro volti.I Baloon ci permettono di entrare all’interno delle loro tragedie quotidiane, non sono loro che raccontano ma siamo noi a intrufolarci nelle loro vite a scorgerne frammenti; conosciamo la storia del sig. Ferrero, spacciatore e consumatore di droghe, che non riesce più a capire quanto la droga sia causa o effetto dei suoi mali; altra storia è quella di un operaio, che minacciato dall’instabilità economica, si sente responsabile di non poter garantire nessuna certezza alla propria famiglia.Il marcio risale dal fondo e come un tarlo logora le fondamenta della vita italiana. Le canzoni di Giorgia, presentate da una performer con tutte le dovute movenze ammiccanti, degne di “Amici”o “X Factor”, sono l’esempio del ridicolo in cui versa l’Italia; ridicolo che a tratti non sembra solo criticato ma assunto, quasi come delle momentanee crisi di identità da parte degli interpreti. Cosa ci resta oggi oltre le melodrammatiche e barocche canzoni che scorazzano fra festival e talkshow? La solitudine dell’uomo, i suoi automatismi, la rabbia, in fondo in fondo giù nell’anima imbellettati dalle essenze più fragranti . Baloon creano una scena semplice, l’ elemento centrale è uno schermo che accoglie il pubblico, ancor prima che gli attori entrino, con immagini ipnotiche di figure tridimensionali. Quello che il gruppo ci offre è una spersonalizzazione dell’uomo contemporaneo utilizzando diversi livelli linguistici. Gli attori passando attraverso le loro storie di malessere esistenziale confluiscono in stati di automatismo, riconducibili a ombre senza volti che sfilano e danzano a ritmo techno sul grande schermo. Si presentano come la parte visibile di una condizione psichica, riconducibile per analogia a quelle bestie macellate tutte identiche e tutte morte che ritornano ancora una volta sullo schermo: la parte più nera dell’esistenza umana che affiora. La nota stonata dei quattro attori è una loro eccessiva volontà di presentare se stessi in un atto di totale imposizione. Tutto quello che si vede è, non sembra sia possibile per lo spettatore andare, con il proprio sentire, oltre le dichiarazioni fisiche e vocali degli interpreti. Una mancanza di ossigeno per lo spettatore.
Ilaria Palermo
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